Ok devo fare i contenuti. Devo fare i contenuti perché è importante, perché se non comunico sono fregato e non mi trova nessuno. Va bene faccio i contenuti ma da dove inizio? Cosa dico? Sarà giusto? Sarà sbagliato? Poi hanno già detto tutto. No no questa cosa non va bene, meglio iniziare da TikTok, da Instagram o magari apro un canale YouTube o aspetta aspetta il blog se lo caga più nessuno il blog? No no meglio Substack e ma poi tutto sto lavoro cioè mi richiede tempo, fatica, revisioni, ma mi darà qualche risultato? Oddio, da dove inizio? Non lo so davvero E boom esplode la testa!
Questo è quello che succede nella testa di chiunque inizi a comunicare da zero o che inizi un progetto più strutturato o che voglia iniziare ad esporsi di più. Perché comunicare fa paura, esporsi, andare lì fuori con la propria voce, con la propria faccia fa paura.
Fa paura per due motivi principali. Primo, ci esponiamo e quando lo facciamo ci sentiamo sotto attacco, ci sentiamo più scoperti, pensiamo di offrire il fianco. Secondo, temiamo di sprecare tempo e di sprecare energie.
In questa vita frenetica, in questi ritmi sempre più da criceto sulla ruota motorizzata, che neanche può gestirsi da solo, l’idea di investire del tempo e delle energie senza saper bene cosa fare ci blocca. Non siamo sicuri di avere un ritorno su questo investimento e questo ci fa molta paura.
Perché la paura è così, la paura è un po’ puttana da questo punto di vista: inizia a scavare dentro di noi, a eroderci, emette un semino che pian piano fa radici profonde che ci bloccano.
Queste radici iniziano ad attanagliarci, ad aggrovigliarci e a non farci andare più avanti nelle nostre cose, nei nostri progetti, nelle nostre idee. Ci fanno rimanere fermi perché sotto, sotto forse è meglio restare dove siamo. Almeno sappiamo cosa succede, sappiamo che mostri dobbiamo affrontare.
A volte preferiamo rimanere lì, magari in una situazione incerta o di tiepido successo, piuttosto che rischiare. Uscire dalla soglia e iniziare questo nostro viaggio dell’eroe ci espone a rischi, a pericoli, a dubbi. Ci espone al dover prendere delle decisioni, al dover affrontare anche degli insuccessi.
Prima di tutto tranquillo: questa paura fa parte di ognuno di noi. Fa parte davvero di chiunque, anche di me.
I dubbi che ti assalgono sono normali. Quelle domande che ti frullano in testa – “Da dove inizio? Cosa dico? Sarà giusto?” – le abbiamo avute tutti. Non sei solo in questo. La paura di comunicare è una delle più comuni, ma anche una delle più superabili, come vedremo.
L’illusione della strada sicura: perché i corsi sui piani editoriali vanno forte
Quando ho iniziato questo progetto, nonostante abbia già realizzato diversi progetti di comunicazione in passato, ho provato le stesse identiche paure e gli stessi dubbi che probabilmente stai provando tu. Sono gli stessi che ho descritto all’inizio di questo articolo.
E sai una cosa? Non ti nascondo che un po’ li ho ancora oggi. A volte mi trovo qui, dietro questo microfono, e mi chiedo: “Ma ascolteranno questi podcast? Gli saranno utili? Qualcuno poi mi contatterà?”. Quindi non preoccuparti, è del tutto normale. Non sei strano, non sei malato, non hai niente che non va. È normale avere tutti questi dubbi.
È per questo che sono stravendutissimi tutti quei corsi sui calendari editoriali, sui piani editoriali che ci danno l’illusione di avere una strada battuta, una strada che ci garantisce risultati, che ci protegge dalle ansie e che ci fa vedere un percorso che ci porterà assolutamente a un risultato.
La ricerca di una strada sicura
Cerchiamo tutti una mappa, un percorso già tracciato che ci faccia sentire al sicuro. Vogliamo credere che esista una formula magica che, se seguita alla lettera, ci porterà dritti al successo. Questo ci dà conforto e allevia le nostre ansie.
I corsi sui piani editoriali sono così popolari proprio perché offrono questa illusione: ti danno un sentiero già battuto, ti promettono che se segui quei passi, arriverai sicuramente alla meta. Ti fanno sentire protetto, come se avessi una guida esperta che ti conduce per mano.
Quando la realtà è diversa dalle aspettative
Ma purtroppo queste sono solo illusioni. Per quanto possiamo essere bravi a strutturare un piano editoriale o un calendario, per quanto possiamo seguire alla lettera tutte le best practice suggerite, le cose potrebbero andare in modo completamente diverso. E non possiamo farci niente.
La verità è che non esistono garanzie assolute nel mondo della comunicazione. Ogni pubblico è diverso, ogni messaggio è unico, e ciò che funziona per una persona potrebbe non funzionare per un’altra.
Una nuova prospettiva: il metodo scientifico
Allora qual è il trucco? Qual è il segreto? Il segreto è adoperare in comunicazione il metodo scientifico.
Ma per poter applicare con successo e soddisfazione il metodo scientifico, bisogna prima fare un passettino in più…
Prima spara, poi mira: l’importanza di iniziare a fare
Prima di tutto, facciamo chiarezza sui termini. Il piano editoriale è una struttura ragionata basata su una strategia e una tattica che dovrebbe portarci a risultati specifici. È la parte pensante, dove decidiamo quali contenuti creare.
Il calendario editoriale, invece, è semplicemente l’organizzazione temporale di quei contenuti: “questo lo pubblico lunedì, questo mercoledì, questo venerdì”. Quindi dovremmo parlare più di piano editoriale che di calendario, perché la vera sfida è decidere cosa pubblicare, non quando.
I dubbi che ci bloccano
Quando dobbiamo creare un piano editoriale, i dubbi ci attanagliano. Non sappiamo bene cosa inserire, vediamo tutto quello che fanno i nostri concorrenti o gli esperti del settore, ascoltiamo i consigli dei vari guru del marketing e… boom! Arriva la sindrome da pietrificazione.
Non sappiamo più cosa fare. Siamo attanagliati da domande: è giusto questo? È meglio far uscire quello? E così ci blocchiamo, paralizzati dall’indecisione.
Come i trainer alle prime armi
Questa paura mi ricorda molto quella di certi trainer alle prime armi. Probabilmente sai esattamente di cosa sto parlando. Ci sono persone che, prima di iniziare ad allenare qualcuno, sentono di dover sapere assolutamente tutto:
- Tutta la biomeccanica
- Tutta l’anatomia funzionale
- Tutta la biologia necessaria per l’allenamento
- Tutta la fisiologia dell’allenamento
- Tutti i metodi possibili
Vogliono conoscere ogni virgola, ogni dettaglio. E cosa succede? Si annegano nei libri e nei corsi di formazione, ma non fanno un passo verso l’obiettivo reale: allenare le persone.
La procrastinazione mascherata da perfezionismo
Questo approccio è una forma di protezione, una scusa. Ci nascondiamo dietro all’idea di “non saperne abbastanza” per procrastinare. Ci diciamo: “Aspetta, prima devo ancora imparare queste due cose, poi finalmente potrò allenare come si deve.”
In questo modo, ci dimentichiamo di un principio fondamentale:
Il metodo migliore per imparare un nuovo gioco è giocando, learn by doing, per cui è molto meglio iniziare magari ad allenare persone senza difficoltà o iniziare ad allenare in situazioni più protette, ma iniziare comunque ad allenare piuttosto che dire no no no no prima di allenare io devo avere assolutamente imparato tutto.
Prima fare, poi perfezionare
È molto più efficace iniziare ad allenare persone senza particolari difficoltà o in situazioni più controllate, piuttosto che aspettare di avere la stessa competenza del preparatore della nazionale di pallavolo prima di muovere un dito.
Lo stesso principio si applica alla comunicazione e al piano editoriale. Non aspettare di avere il piano perfetto. Inizia a creare contenuti, a comunicare, a metterti in gioco. Solo così potrai davvero imparare cosa funziona per te e per il tuo pubblico.
In altre parole: prima spara, poi aggiusta la mira. Perché se non spari mai, non colpirai mai il bersaglio.
Imparare attraverso l’errore: perché sbagliare è necessario
Questo ci frega. Molto spesso nell’ambito del marketing, per quella che è stata la mia esperienza, succede la stessa identica cosa. Non pubblico, non faccio, non metto a terra delle strategie o dei processi perché “prima devo fare quel corso”, “prima devo capire meglio”, “prima devo fare ancora quella cosa perché non mi è chiara”.
Questo atteggiamento ci fotte, e te lo dico per esperienza diretta. Molto spesso ho fatto così e mi sono dato la zappa sui piedi. È stato il Covid, una situazione di assoluta emergenza, a obbligarmi a darmi una svegliata e a farmi capire che è molto meglio iniziare a uscire, a sparare delle cartucce e cercare di fare centro, piuttosto che rimanere bloccati.
Il rischio di rimanere fermi
Se rimani bloccato ad aspettare, non è detto che gli altri facciano esattamente la stessa cosa. La concorrenza andrà avanti mentre tu continuerai a rimanere fermo nel tuo orticello, aspettando di trovare il momento giusto per seminare, che la luna sia quella corretta, che gli astri siano favorevoli.
Il problema è che così non farai esperienza, non imparerai nulla perché questo è un lavoro che si impara facendo. E intanto gli altri andranno avanti e magari quell’idea geniale che avevi avuto ti viene “fregata” da loro. Involontariamente, certo – le idee geniali circolano e un buon cervello prima o poi ci arriva da sé.
La necessità di buttarsi
Per cui la cosa migliore da fare è iniziare a buttarsi, iniziare a fare, iniziare a provare sbagliando. Chi se ne frega se si sbaglia!
Abbiamo questa cultura probabilmente che ci deriva un po’ dal catechismo che se sbagliamo siamo delle merda, siamo delle persone orribili e dobbiamo darci le mazzate sulle palle e sentirci in colpa, ma la verità è che se non si prova e si sbaglia non si può imparare.
Noi impariamo attraverso l’errore e l’unico modo per imparare quindi è sbagliare. L’unico modo per sbagliare è provare a fare le cose.
L’esperienza personale
Te lo consiglio di cuore perché nella mia esperienza, sono state più le volte in cui ho avuto ottimi risultati buttandomi di cuore, facendo uscire Eugenio e fregandomene di tutta la teoria di determinati argomenti, piuttosto che quando mi sono messo a tavolino facendo i compiti in maniera perfetta, ottenendo poi risultati decisamente tiepidi.
Quindi, ancor prima di arrivare al discorso del metodo scientifico, la regola base è quella che dicono i miei colleghi di Power-Up: prima spara e poi mira. Prima spara, inizia a uscire, inizia a fare delle cose.
Il vantaggio di essere agli inizi
Intanto, diciamoci la verità, all’inizio non ti caga nessuno, quindi puoi fare quello che ti pare e piace senza avere questo enorme rischio di bruciarti la credibilità, di non ottenere dei risultati, o qualunque scenario tu ti vada a immaginare.
All’inizio, per quanto questa cosa ci possa distruggere dentro, non ci caga nessuno, è la pura verità. Io sono alla puntata numero otto, se guardo i numeri ho dei numeri molto tiepidi. Siete pochi e io vi ringrazio perché preferisco comunque parlare a pochi di voi che mi ascoltano con orecchie ben aperte, piuttosto che avere una pletora di persone che mi ascolta distrattamente solo per occupare il tempo.
La verità è che io adesso posso sperimentare, posso fare delle prove perché non ho un pubblico così ampio. E quelle persone che mi stanno seguendo lo fanno perché il loro interesse è molto, molto, molto alto. Per cui se dovessi prendere qualche cappella, posso presumere che queste persone mi perdoneranno e continueranno ad ascoltarmi.
Quando invece abbiamo i numeri grandi, lì le cose cambiano e non possiamo più permetterci di essere così naif in alcuni approcci, perché abbiamo di più da rischiare.
Prima spara e poi mira. Prima spara, pubblica, poi mira e cioè applica il metodo scientifico.
I sei argomenti vincenti per iniziare a comunicare
Ora che abbiamo capito l’importanza di iniziare subito a creare contenuti, viene la domanda: “Ma cosa pubblico? Da dove inizio a sparare?”
Ho individuato sei grandi argomenti, sei topic che puoi usare subito per iniziare a comunicare in modo efficace. Sono temi che funzionano sempre e che ti permetteranno di creare una connessione reale con il tuo pubblico.
1. I dubbi dei tuoi clienti
I dubbi delle persone che già segui o di quelle che ti contattano per informazioni sono una miniera d’oro. Sono contenuti evergreen, che interesseranno sempre il tuo pubblico potenziale.
Pensa alle domande che ti fanno più spesso:
- “Quanto tempo ci vorrà per vedere risultati?”
- “Questo allenamento è adatto a me?”
- “Posso farlo anche se ho questo problema?”
Rispondendo a questi dubbi, crei contenuti che risuonano con le persone perché parlano di loro, non di te.
2. I problemi delle persone
Simili ai dubbi, ma più specifici, sono i problemi concreti che le persone affrontano. Questi possono essere:
- Difficoltà a perdere peso
- Dolori articolari durante l’allenamento
- Mancanza di tempo per allenarsi
Affrontare questi problemi nei tuoi contenuti mostra che capisci davvero il tuo pubblico e hai soluzioni concrete da offrire.
3. I risultati ottenuti
Qui parliamo di numeri, di dati concreti. Che risultati fai ottenere col tuo lavoro? Parlane, e parlane tanto!
I risultati creano desiderio. Quando una persona vede che altri hanno ottenuto ciò che lei desidera, pensa: “Se vado da questo trainer, potrò ottenere la stessa cosa”. Questo la spinge a immaginare un futuro migliore e più desiderabile.
Non avere paura di mostrare i dati: chili persi, misure ridotte, prestazioni migliorate. I numeri hanno un impatto potente.
4. I casi studio
Questo è uno degli strumenti più potenti che hai a disposizione, eppure vedo pochissimi professionisti usarlo. È un vero peccato, perché un caso studio è oro puro!
Un caso studio completo racconta:
- Come la persona è arrivata da te
- Qual era il suo punto di partenza
- Come avete lavorato insieme
- Quali ostacoli avete superato
- Quali risultati ha ottenuto
Quando racconti la storia di “Adriana che aveva questo problema, è venuta da me e ha ottenuto questi risultati”, permetti alle persone di riconoscersi in quella storia. Il lettore pensa: “Io sono proprio come Adriana, voglio fare la stessa cosa!”
5. Le testimonianze
Le testimonianze sono strettamente legate ai casi studio, ma sono più brevi e più emotive. Sono le parole dirette dei tuoi clienti che raccontano la loro esperienza con te.
Queste storie creano desiderio e fiducia. Quando le persone vedono altri come loro che hanno avuto successo grazie a te, si convincono che anche loro possono farcela.
6. I tuoi perché
Riuscire a parlare dei tuoi perché, spiegare alle persone perché hai fatto quel lavoro ma i perché profondi, le motivazioni profonde, quali sono le qual è la tua missione ma veramente missione alla blues brother, sei in missione per conto di Dio, allora è una cosa che ti permette di creare un ponte molto forte con le persone.
Raccontare le tue motivazioni profonde permette alle persone di vedere oltre il professionista. Non vedranno più solo qualcuno che fa un lavoro, ma una persona che ha a cuore i loro interessi, che ha una storia, delle motivazioni forti e un reale interesse nei loro confronti.
È questo che fa la differenza. Io personalmente preferirei andare da un trainer anche un po’ più costoso, ma che tiene davvero a me e ai miei risultati, che vive il suo lavoro come una missione, piuttosto che da uno che fa determinate cose solo per un ritorno economico.
Perché questi argomenti funzionano
Il segreto di questi sei argomenti è semplice: parlano delle persone, non della tua attività.
Troppo spesso vediamo professionisti che parlano solo di sé stessi, delle loro certificazioni, dei loro metodi. Ma la verità è che alle persone interessa principalmente una cosa: come puoi aiutarle a risolvere i loro problemi.
Quando parli dei dubbi, dei problemi, dei risultati, racconti casi studio e condividi testimonianze, stai mettendo al centro le persone. E quando condividi i tuoi perché, crei una connessione emotiva che va oltre il semplice rapporto professionale.
Questi sono i primi contenuti che puoi “sparare” se non hai altre idee. Ovviamente, se hai alternative, ben vengano! L’importante è che siano idee che sostengono il tuo business.
Ricorda: non siamo dei content creator. Non creiamo contenuti per il gusto di farlo, ma per sostenere la nostra attività e aiutare più persone possibili.
Il metodo scientifico applicato al piano editoriale
Una volta che hai iniziato a pubblicare i tuoi contenuti, arriva il momento di usare il metodo scientifico. Ma perché proprio questo metodo? Perché il metodo scientifico presuppone che ci siano dei dati su cui lavorare. E se sei uno scienziato motorio, lo sai benissimo: non possiamo applicare un metodo scientifico se non abbiamo dati da analizzare.
Cos’è davvero il metodo scientifico
Il metodo scientifico non è altro che il metodo empiristico: faccio delle prove, raccolgo i risultati e mi chiedo come posso migliorare se non ho ottenuto ciò che volevo. È semplice!
Spesso ci facciamo fregare da questa parola altisonante: “il metodo scientifico!” Un sacco di corsi sono stati venduti (e ho acquistato, sarò sincero) con questa illusione. Ma il metodo scientifico è semplicemente il metodo galileiano: formulare una teoria, provarla, verificarla, raccogliere i dati e da lì cercare di sistemare per ottenere il risultato che si sperava.
Come applicarlo al piano editoriale
Nel caso del piano editoriale, significa:
- Creare un piano di base con contenuti scelti per motivi specifici
- Pubblicare per un po’ di tempo
- Raccogliere i dati (cosa che non si fa quasi mai)
- Analizzare quei dati
- Tirare le somme: “Questa cosa ha funzionato, quest’altra no”
A questo punto puoi iniziare a fare delle ipotesi sul perché certe cose hanno funzionato e altre no. Poi ristrutturi il piano editoriale, raccogli nuovi dati e ripeti il processo.
La verità amici miei è che non c’è la ricetta magica, anzi più andiamo avanti più I social continuano la loro trasformazione in quello che stanno diventando, che non sono più piattaforme dedite alla socializzazione ma sono piattaforme di svago, piattaforme di intrattenimento dove noi dobbiamo vincere un po’ tutto quel rumore.
L’evoluzione dei social media
I social media si stanno trasformando. Non sono più piattaforme dedicate alla socializzazione, ma sono diventate piattaforme di svago e intrattenimento. In questo contesto, dobbiamo riuscire a emergere dal rumore di fondo.
E più l’intelligenza artificiale avanza, più l’unico modo per ottenere risultati è testare e sperimentare: mettere in pratica delle idee, provarle, analizzare i risultati e ragionare su di essi.
Il processo di raffinamento progressivo
Magari abbiamo una botta di fortuna e tutto funziona subito alla grande. Ma molto probabilmente non sarà così. Ci saranno problemi, cose da sistemare, e i risultati non arriveranno immediatamente.
Ma poco male! Se abbiamo dei dati di base, possiamo ragionare sul perché certe cose sono andate bene e altre male, e capire come modificare la nostra strategia.
Questo è il grande segreto del metodo scientifico. Spero di non averti deluso, forse un pochino sì, ma è molto meglio essere sinceri e dirti le cose come stanno piuttosto che spararti metodologie strane dandoti l’assoluta certezza che funzionino, quando poi la realtà è diversa.
Iniziare è l’unico modo per ottenere risultati
Inizia a sparare, a uscire allo scoperto, a pubblicare. All’inizio ti seguiranno poche persone, quindi non rischi di fare figuracce epiche. Una volta che avrai iniziato a pubblicare, avrai finalmente dei dati su cui lavorare.
Nel frattempo, ti sarai anche fatto un po’ di scuola, perché pubblicare (che si tratti di scrivere, fare video o podcast) ti obbliga a metterti in gioco. A quel punto avrai fatto esperienza, che non fa mai male, e soprattutto avrai dati su cui ragionare.
Puoi scaricare questi dati, analizzarli e, perché no, anche usare ChatGPT o altri strumenti di intelligenza artificiale per darti una mano. Non possiamo essere esperti in tutto, e l’IA può essere comoda in questo senso.
Da lì, puoi ragionare su un nuovo piano editoriale. Lo testi, lo provi. Funziona? Bene! Non funziona? Tieni quello che c’è di buono, scarti quello che non va e continui a migliorare in un processo di raffinamento che piano piano ti permetterà di arrivare ai risultati che desideri.
Ma ricorda: questi risultati non arrivano dall’oggi al domani.
And that’s it.
Se hai domande o dubbi, sai dove trovarmi: eugenio@eugeniocredidio.it oppure sui vari canali social. Scrivimi pure, mi fa solo piacere.
Ti do appuntamento a mercoledì prossimo per una nuova puntata di “Vendere lo Sport” e, come al solito, ti auguro una buona settimana e un buon lavoro. Ciao!
Vendere lo Sport è un podcast originale ideato e prodotto da Eugenio Credidio senza l’uso di intelligenza artificiale.