Le strategie di marketing di Disneyland: cosa possiamo imparare e quali errori evitare

Sono appena tornato da un viaggio a Disneyland Paris e per la prima volta da quando frequento il parco, perché ho la fortuna di frequentarlo davvero da tanti anni, l’ho potuto guardare attraverso due lenti diverse, due occhiali diverse.

Sono appena tornato da un viaggio a Disneyland Paris. Questa volta è stato diverso. Per la prima volta da quando visito il parco, l’ho guardato attraverso due lenti diverse. Ho la fortuna di frequentarlo da tanti anni, ma ora ho visto tutto con occhi nuovi.

La prima lente è quella che ho sempre usato: quella del bambino che vive dentro di me. Quel bambino che non vede l’ora di arrivare al parco dove la sua infanzia resta congelata nel tempo. Certo, con qualche modifica fatta dalla Disney negli ultimi anni – più a livello aziendale che nel parco stesso, che purtroppo è un po’ fermo da tanto tempo.

La seconda lente è stata quella del marketer, di chi studia marketing e comunicazione. Non ti nascondo che queste due visioni si sono un po’ sovrapposte, come degli occhiali multifocali. Perché? Perché molte delle emozioni che ho vissuto da bambino in quel parco sono legate al tipo di marketing e comunicazione che Disney ha sempre portato avanti – sia dentro il parco che prima di arrivarci.

Cosa ho scoperto con questi occhiali da marketer

Con questo sguardo più attento, ho notato cinque strategie molto intelligenti che possiamo “rubare”. Sì, proprio noi nel mondo dello sport possiamo prenderle a piene mani e usarle nella nostra comunicazione di tutti i giorni.

Ma ho anche visto due errori che sono forse più importanti delle cinque strategie di cui ti parlerò oggi. Due errori che non dobbiamo fare in nessun modo. Dobbiamo starne lontani come vampiri dall’acqua santa, perché sono sbagli che hanno rovinato molto la mia esperienza. Al punto che mi sono chiesto più volte se avrei voluto tornare.

Ci tornerò? Sì. Ma solo perché il legame affettivo è così forte che questi errori non mi fanno ancora tagliare i ponti con i miei ricordi. Sono però errori così gravi e, sotto un certo punto di vista, così grossolani che hanno davvero rovinato l’esperienza mia e di mia moglie, anche lei grande fan del parco.

La mia storia con Disneyland

Prima di iniziare questa dodicesima puntata di “Vendere lo Sport” (scusate per i piccoli errori nelle puntate precedenti), voglio farti una premessa. Ho la fortuna di frequentare il parco dal 1992, anno della sua apertura. Questo mi ha dato una visione a lungo termine, sicuramente influenzata dalle mie esperienze di bambino, ragazzino, ragazzo e giovane adulto.

Ho vissuto il parco in tutte le sue fasi, e questo mi ha permesso di vedere la sua evoluzione – o involuzione – e di riflettere su alcune strategie che usavano prima, quelle che conquistavano il cuore, e alcune che hanno deciso di usare adesso. Strategie che, se sei una persona che ha frequentato il parco negli anni passati, ti faranno sicuramente stridere un po’.

Ora mettiti comodo, perché la puntata sarà lunga. Iniziamo!

Dal ’92 ad oggi

La prima volta che ho visitato il parco era il 1992, l’anno dell’apertura. Avevo solo cinque anni. Quando io e mio fratello scoprimmo che avrebbero aperto un parco Disney in Europa, facemmo una testa così a mio padre, che alla fine si arrese: “Va bene, vi porto, basta che smettiate di tormentarmi… ma non ad agosto.”

A noi bastava andarci, non importava quando! Poi mio padre ci ripensò: “Tutti penseranno che ad agosto ci sarà troppa gente, quindi il parco sarà vuoto. Andiamoci proprio ad agosto!” E così fu.

Ho un ricordo nitido di quel viaggio: dormivo nel camper mentre viaggiavamo di notte verso Parigi. Mio padre, senza Google Maps o Waze, solo con le cartine stradali, cercava di trovare Ville le Marné Mi addormentai nel letto del camper e al mattino mi svegliai vedendo dal tettuccio il castello che svettava nel cielo. È un ricordo che porterò con me per sempre.

Da allora, il parco ha segnato tante tappe importanti della mia vita:

  • Ci sono tornato più volte con i miei genitori (mio padre si affezionò così tanto che trovava scuse per andarci)
  • Ci sono andato con la scuola media, vincendo un viaggio nel settembre 2001, subito dopo l’attacco alle Torri Gemelle
  • L’ho visitato da ragazzo, con mio fratello e con amici cari
  • Ci sono stato tre volte con mia moglie, e in una di queste occasioni il parco ci fece una sorpresa straordinaria che ti racconterò

Ho visto l’evoluzione del parco negli anni: come sono cambiati i servizi, i modi di raccontare l’esperienza e di creare emozioni. Questa volta ho potuto anche provare la nuova app, che prima non esisteva.

Nelle prossime pagine ti racconterò cinque strategie di marketing Disney che puoi “rubare” subito per la tua attività, ma anche due errori clamorosi che rischiano di rovinare l’esperienza al punto da farti dire: “Non è più il parco di una volta.”

Prenditi appunti sia sulle strategie che sugli errori, perché da entrambi c’è tantissimo da imparare!

La strategia del customer journey di Disney

Prima di tutto partiamo dalla Customer Journey perché sulla Customer Journey sono dei fottuti geni. Sono in grado di creare un altissimo valore percepito, sono in grado di creare una altissima aspettativa e veramente di farti montare questa emozione di andare al parco in maniera magistrale.

Analizziamo la Customer Journey di Disney perché qui c’è davvero tanto da imparare. Sono autentici maestri nel creare valore percepito e nel generare aspettative altissime. Riescono a farti montare l’emozione di andare al parco in modo magistrale. Mi sono segnato tutti i punti della loro customer journey per vedere cosa possiamo “scopiazzare” e usare nelle nostre strategie.

La creazione dei pacchetti

Esistono tanti modi per andare a Disneyland. Puoi comprare solo il biglietto d’ingresso, pernottare fuori dal parco, andarci in camper come facevamo noi in famiglia. Ma loro spingono tantissimo per farti pernottare negli hotel dentro il parco.

Come ci riescono? Aumentando in modo incredibile il valore percepito – a mio parere gonfiando anche i prezzi dei servizi inclusi nei pacchetti. Puntano molto sulla vicinanza al parco e sul fatto che non uscirai mai dalla “magia” Disney. Quando sei negli hotel del parco, rimani sempre immerso nell’atmosfera.

Ogni hotel è a tema e ti fa entrare in una bolla separata che inizia a farti sognare dal momento in cui ci metti piede. Ti fa continuare a sognare anche quando esci dal parco. Questo ha un valore altissimo per te come cliente.

Dato che andare a Disney costa ormai tanto, vuoi sfruttare al massimo l’esperienza. Il fatto di essere vicino al parco, non dover prendere la macchina, non fare code lunghe, ma entrare direttamente a piedi passando subito i controlli di sicurezza, aumenta tantissimo il valore percepito.

Ti ritrovi a pensare: “Gli hotel fuori dal parco costano X, questi costano 100-150 euro in più… sai che c’è? Li spendo, così almeno sto lì dentro”. Loro sono bravissimi a raccontarti questa storia. Ti fanno sognare, ti portano nel futuro e ti descrivono tutti i vantaggi dello stare vicino al parco.

L’ora extra di ingresso: una genialata di marketing

Per aumentare il valore percepito, ti danno un’ora extra di ingresso al parco. Qui c’è una genialata perché a loro non costa praticamente niente.

Il parco apre alle 9:30, ma chi alloggia negli hotel può entrare alle 8:30. Ma attenzione: le attrazioni aprono alle 8:30? No! Quello che aprono alle 8:30 sono i punti ristoro (colazioni a go-go) e le boutique, i negozi.

Le persone che entrano prima al parco, a meno che non vogliano godersi una passeggiata con un po’ meno gente (che comunque è sempre tanta), cosa fanno? Entrano e spendono soldi. Non ti stanno facendo un favore. Te lo vendono come un favore: “Potrai entrare un’ora prima e goderti il parco con poca gente”. Ma in realtà puoi entrare solo per spendere i tuoi soldi.

E ovviamente, dentro al parco i soldi si spendono con grande leggerezza. Sei lì e pensi: “Dai, ci sono, non so quando torno, ne approfitto”. È un plus molto intelligente perché crea valore, ma in realtà è un tranello in cui cadiamo, spendendo una barcata di soldi.

La mezza pensione e la percezione di valore

Un altro punto su cui spingono tantissimo (e dove secondo me gonfiano i prezzi) è la mezza pensione.

Quando fai due conti, vedi che più o meno, considerando i costi del biglietto e del pernottamento negli hotel di bassa-media fascia, paghi poco più del costo del biglietto per l’hotel. Non senti tantissimo quella spesa, quindi sei invogliato a dire: “Ma sì, vado nell’hotel. Il biglietto mi costa X e l’hotel mi costa X più 50 euro. Prenoto e vado direttamente nel parco”.

Ma poi ti dicono: “Ehi, attenzione amico mio, una volta che sei dentro al parco dovrai pure mangiare, no?”. E non te lo dicono esplicitamente, ma tu lo sai già: qui costa tutto un occhio della testa.

Per darti un’idea: un Croque Monsieur (una specie di toast alla francese) costa 10 euro. Una bottiglietta di Coca Cola costa 4,50 euro.

Allora ti propongono: “Perché non fai la mezza pensione? Avrai la colazione del valore di 30 euro e un pasto che puoi scegliere tu dove consumare, se nel tuo hotel o in uno dei vari punti ristoro, del valore di 55 euro”.

Tu fai due conti, guardi i prezzi dei menu nel parco e pensi: “Accidenti, se voglio mangiare qualcosa di più di semplici panini, supero queste cifre di gran lunga”. E così aggiungi anche la mezza pensione.

La comodità come elemento chiave

C’è poi tutto il discorso della comodità. Quando arrivi, puoi lasciare subito i bagagli senza bisogno di fare il check-in, che puoi completare online. In alcuni hotel, la chiave della camera viene attivata direttamente sull’app del tuo cellulare, quindi non devi nemmeno passare dalla reception.

Insomma, cercano di rendere la tua esperienza il più “oliata” possibile, senza attriti. Questo fa sì che quando fai i conti pensi: “Quante volte ci vado a Disneyland? Una, due, tre volte… non lo so, poi diventa una dipendenza! Ma ci vado così poche volte che quando ci vado, guarda quanta roba mi danno nel pacchetto, sarebbe sciocco non prenderlo”.

E così scegli il pacchetto che – te lo dico già – non vale assolutamente quanto paghi (lo vedremo negli errori), ma il valore che ti fanno percepire è altissimo.

Flessibilità nei pagamenti: “paga come e quando vuoi”

Ecco il vero colpo di genio che una volta non si poteva fare: puoi pagare come e quando vuoi.

Ti chiedono un anticipo e poi ti dicono: “Guarda, devi ancora 700 euro, hai tempo a pagarli fino alla data X. Pagali come vuoi. Tutti insieme? Fai pure. Vuoi versare 50 euro al mese? Nessun problema”. Ovviamente, quando sei vicino alla data di partenza dovrai saldare, ma puoi annullare fino a 7 giorni prima senza costi.

Questo è veramente un colpo di genio, un game changer. Uno pensa: “Inizio piano piano con l’anticipo e poi nell’arco dell’anno faccio il saldo”. È una cifra importante, ma gestibile.

Creazione di hype e aspettativa

Su questo sono di nuovo dei maestri. Creano hype e aspettativa altissima.

Appena ti iscrivi, ti arriva un’email con i super complimenti, dicono quanto sei stato bravo e iniziano a creare nella tua testa questa sensazione di magia e di attesa sempre crescente.

Cominciano ad arrivarti email dove ti raccontano quello che potrai fare, ti mostrano foto, ti mandano video su YouTube o Instagram da guardare, ti descrivono le esperienze che potrai vivere. Cercano veramente di far crescere in te questa voglia di andare che diventa irrefrenabile.

Ma non è finita! Per aumentare l’hype, devi scaricare l’app. Un’app geniale dove puoi fare un sacco di cose. Nell’app c’è il conto alla rovescia: “La magia inizia tra tot giorni, la magia inizia tra tot ore”. Ogni volta che apri l’app (e dovrai farlo spesso prima di andare al parco), vedi questo conto alla rovescia che ti fa pensare: “Dai che ci siamo, dai che ci siamo!”.

Il colpo da maestro arriva nei giorni prima della partenza. Arrivano email che ti ricordano che fra poco stai per partire, che sta per iniziare la magia, e ti spiegano passo passo cosa fare, come muoverti per rendere il check-in e tutta la tua esperienza il più fluida possibile, sempre spingendo sulla magia che vivrai.

Come applicare queste strategie nel settore sportivo

Come puoi applicare queste strategie nella tua realtà sportiva? Ecco alcuni suggerimenti pratici:

  1. Aumenta il valore percepito dei tuoi pacchetti:

    • Inserisci bonus che ai tuoi clienti sembreranno preziosi ma che a te costano poco
    • Spiega in modo dettagliato cosa comprende ogni pacchetto, dando valore anche alle piccole cose
    • Aggiungi piccoli extra come una lezione privata di benvenuto, un kit di benvenuto, o accesso anticipato a determinati servizi
  2. Crea sequenze di benvenuto efficaci:

    • Quando un nuovo cliente si iscrive, mandagli una sequenza di email che lo accompagna nel suo percorso
    • Spiegagli passo passo cosa succederà nelle prime settimane
    • Presentagli gli istruttori e la loro storia
    • Condividi casi di successo di altri clienti simili a lui
    • Dagli consigli su come sentirsi a proprio agio fin dal primo giorno

Queste piccole attenzioni faranno sentire il tuo cliente coinvolto e gli faranno venire la “fregola” di iniziare l’esperienza con te.

  1. Offri opzioni di pagamento flessibili:
    • Oggi ci sono tante possibilità: PayPal offre pagamenti in tre rate senza costi aggiuntivi
    • Proponi formule come “piccolo anticipo + rate mensili”
    • Non complicarti la vita con sistemi complessi, usa strumenti già esistenti

In sintesi, puoi imparare da Disney a:

  • Aumentare il valore percepito durante tutto il customer journey, soprattutto quando il cliente è appena arrivato
  • Rendere i pagamenti più leggeri e meno stressanti
  • Creare aspettativa e mantenere alta l’emozione sia all’inizio che durante tutta l’esperienza del cliente

Queste strategie ti permetteranno di far percepire la tua offerta come molto più preziosa, anche senza necessariamente aumentare i costi per te. È tutta questione di comunicazione, di attenzione ai dettagli e di saper raccontare il valore di ciò che offri.

Add-on strategici e creazione di ricordi

Un’altra strategia che possiamo “scopiazzare” da Disney è il modo in cui gestiscono gli add-on. Cosa sono gli add-on? Sono quei servizi extra che ti propongono dopo che hai finito di saldare il pacchetto principale.

Sono davvero furbi nel modo in cui te li presentano: “Guarda che puoi fare questa cosa qui, guarda che puoi fare quest’altra cosa là…” ma te ne parlano solo dopo che hai saldato il pacchetto. E attenzione! Perché ovviamente ti avvisano che “potrebbero non essercene più”.

Quindi, anche se ti danno la possibilità di chiudere il saldo fino a cinque giorni prima della partenza, in realtà ti mettono la fregola perché ti dicono: “Tu puoi anche aspettare, puoi farlo, però sappi che potrebbe essere che quel servizio, quella cosa, poi non ci sia più. Quindi valuta tu se vale la pena farlo oppure no, non sta a noi decidere.”

Vendere tempo e ricordi: il vero business di Disneyland

Il business di Disneyland io credo che sia… Vabbè principalmente la vendita di cibo e gadget perché hanno dei prezzi così alti che non c’è altro altro perché, ma il loro business è quello di venderti tempo e ricordi.

Quali sono questi add-on? Sono principalmente servizi che ti permettono di essere più sereno o di sfruttare meglio la giornata.

Secondo me, il business di Disneyland non è tanto venderti il biglietto o il pacchetto. Certo, la vendita di cibo e gadget è importante perché hanno prezzi altissimi, ma il loro vero business è quello di venderti tempo e ricordi.

Gli add-on principali, al di fuori delle prenotazioni dei ristoranti che ti spingono tantissimo a fare in anticipo, sono sostanzialmente:

  1. I salta fila – costano l’ira di Dio! Per un giorno il prezzo è di circa 160 euro. Non è che salti le file quando vuoi, puoi saltare una fila per ogni attrazione.

  2. Il deposito bagagli – costa circa 85 euro. Ti permette di lasciare i bagagli all’arrivo e loro te li portano comodamente nel tuo hotel.


Ma perché pagare così tanto? Perché così sfrutti meglio la giornata. Il messaggio è chiaro: “Quando mai ci torni a Disneyland? Così puoi sfruttare appieno la tua giornata, il tuo tempo, goderti tutto senza stress, in serenità, senza dover stare un’ora e mezza sotto il sole per entrare nell’attrazione di Nemo.”

Il photopass: vendere ricordi in formato digitale

Oltre a venderti tempo, ti vendono anche i ricordi. Un altro add-on importante è l’acquisto del photopass, ovvero un pass che ti permette di scaricare e avere i file in alta definizione di tutte le foto che vengono fatte all’interno delle attrazioni e le foto che fai con i personaggi (che ormai sono a pagamento – non puoi più fare le foto “a babbo morto” con i personaggi).

Quindi puntano a venderti i ricordi con le foto e anche con gli spettacoli – c’è la possibilità di avere delle vie preferenziali per gli spettacoli.

Il timing perfetto: proporre add-on dopo il saldo del pacchetto

E quando ti propongono tutto questo? Nel momento in cui sei sereno perché hai già pagato tutto. Ragiona: hai già pagato il pacchetto principale, quella spesa non la percepisci più, e loro ti dicono: “Ma potresti aggiungere questa cosettina qui, così sfrutterai meglio il tuo investimento, la tua giornata, la tua famiglia sarà più serena, porterai a casa dei ricordi più belli.”

È una strategia infame ma efficace!

Come applicare questa strategia nel settore sportivo

Possiamo adottare questa strategia anche noi? Assolutamente sì! Potresti proporre degli add-on che danno servizi plus, ma soprattutto dovresti puntare sulla creazione di ricordi.

Se riesci a creare ricordi – e non necessariamente a pagamento – tramite eventi all’interno della tua realtà, foto, e tante altre cose che non sono per forza legate alla strategia dei social (del dover fare contenuti per i social), beh, a quel punto sarai parte integrante della vita dei tuoi clienti.

E da lì non ti toglierai più! Ogni volta che penseranno a te, lo faranno probabilmente con un velo di nostalgia.

L’importanza di creare ricordi emotivi

Mi succede spesso: le persone che smettono di venire nel mio dojo spesso lo fanno non perché non si trovano più con noi, ma perché i casi della vita hanno cambiato la loro routine, le loro esigenze.

Ma ogni volta che li incontro, ogni volta che ci sentiamo, iniziano sempre a parlare dell’esperienza con noi con quel velo di nostalgia e mi dicono: “Se potessi, tornerei subito.” Al punto che qualcuno si rifiuta di fare altre attività e non va più in palestra.

Questo per me è una medaglia al valore, ma al tempo stesso mi dispiace perché l’allenamento fa bene indipendentemente da dove lo fai.

La creazione di ricordi emotivi crea un legame fortissimo con il tuo brand, un legame che va oltre il semplice servizio offerto. È qualcosa che tutti noi nel settore sportivo dovremmo imparare a coltivare con i nostri clienti.

Ricordi fisici e comunicazione post-visita

La terza cosa che possiamo “scopiazzare” da Disney è il magic pass fisico. Cos’è? È una semplice tessera nominale che funziona come una carta contactless. La cosa divertente? Non è nemmeno necessaria per la maggior parte delle operazioni nel parco!

Con l’app puoi fare tutto: entrare, pagare, prenotare. L’unica cosa per cui serve davvero è accedere alla camera dell’hotel (a meno che tu non stia in quegli hotel super fighi dove ti mettono anche la chiave sul cellulare).

Ma nonostante questo, chiunque abbia questa tessera la sbattacchia in giro come se fosse un pass VIP. C’erano i “comuni mortali” che entravano con il telefonino, quelli “ancora più sfigati” con il biglietto in cartone, e poi c’eravamo noi – quelli che al tornello tiravano fuori questa tessera e la sbattevano violentemente con arroganza sul lettore. Era una goduria!

Il potere degli oggetti fisici

Oggi tendiamo a non farlo più. Oggi ci sono i QR code, c’è il telefonino, c’è il sito internet, c’è la pagina web bla bla bla bla bla bla ma creare una brochure, creare una tessera della palestra fisica, creare una cartolina magari da inviare, da spedire, creare una calamita, creare una spilla, creare quel cavolo che vi pare piace di fisico da dare ai vostri clienti un’importanza altissima.

Perché è così importante avere qualcosa di fisico? Semplice: perché io oggi ce l’ho ancora e posso mostrartela. È entrata in casa mia! Ogni volta che la guarderò, penserò all’esperienza che ho fatto.

Gli oggetti fisici hanno un valore che va oltre la loro funzione pratica. Sono tangibili, li puoi toccare, tenere in mano. Sono “feticci” nel senso migliore del termine – oggetti che porti con te e che ti ricordano esperienze importanti.

E poi, quando dai qualcosa di fisico ai tuoi clienti, entri letteralmente nelle loro case. Ogni volta che guarderanno quell’oggetto, penseranno a te e alla tua attività. Questo è ancora più vero se è qualcosa che capita spesso sotto gli occhi, come una calamita da frigorifero, o qualcosa che portano con sé, come una spilla da attaccare allo zaino o alla borsa.

Non sottovalutare mai il potere degli oggetti fisici nella tua palestra o centro sportivo. Pensa a:

  • Una tessera socio ben progettata e di qualità
  • Una brochure elegante con la storia del tuo centro
  • Una spilla o una calamita con il tuo logo
  • Una borraccia o un piccolo gadget utile per l’allenamento

Anche nell’era digitale, le cose che puoi toccare e conservare hanno un valore emotivo che nessun file digitale potrà mai avere.

Email per incentivare la condivisione sui social

Un’altra strategia brillante di Disney è l’invio di email per spingere alla condivisione sui social. Prima di partire, ti arriva una bellissima email che ti invita a condividere la tua esperienza nel parco sui social media, suggerendoti hashtag ufficiali e profili da taggare.

Lo fanno in modo intelligente, con un messaggio che sottintende: “Fai invidiare gli altri, condividi la magia che stai vivendo”. Sanno bene che oggi molta condivisione sui social non è tanto per far partecipare chi ci vuole bene, ma per mostrare: “Io sono qui, tu no”.

Questa è una strategia che puoi adattare facilmente alla tua attività sportiva. Potresti creare un angolo “instagrammabile” nella tua palestra o dare ai tuoi clienti una valida motivazione per condividere.

A differenza di Disney, che può contare sul fatto che essere a Disneyland è già di per sé motivo di invidia, tu dovrai probabilmente offrire una motivazione più concreta. Potrebbe essere:

  • Mostrare i risultati ottenuti (“Condividi il tuo progresso e ispira altri”)
  • Far vedere come ci si allena duramente (“Mostra quanto ti impegni”)
  • Mostrare come si creano momenti di benessere nella giornata
  • Condividere esperienze salutari per motivare altre persone

La chiave è adattare questa strategia ai tuoi valori e al tuo pubblico. Potresti inviare un’email dopo la prima settimana di allenamento, invitando i nuovi iscritti a condividere la loro esperienza, magari offrendo un piccolo incentivo come un punto extra sulla tessera fedeltà o uno sconto su un prodotto.

L’email di “arrivederci” che crea nostalgia

Infine, c’è la strategia dell’email di “arrivederci” – non di addio, nota bene, ma di arrivederci, perché sanno che se potrai, tornerai in quel parco.

Quando torni a casa, sei un po’ triste, guardi il tuo magic pass, pensi alle giornate trascorse lì e dopo circa un giorno ti arriva questa email. Ti ringraziano per l’esperienza condivisa (anche se non hanno la minima idea di chi tu sia), ti parlano del sogno vissuto insieme e ti linkano un video con gli highlights di quel periodo nel parco.

Nel video ci sono sicuramente esperienze che hai vissuto – spettacoli, attrazioni – che ti fanno tornare subito con la mente a quei momenti appena conclusi. Ti creano quella sensazione agrodolce tipica della nostalgia, facendoti pensare: “Accidenti, vorrei già ripartire”.

Come adattare queste strategie alla tua palestra

Puoi facilmente adattare questa strategia alla tua attività sportiva in due momenti chiave:

  1. In chiusura di stagione: invia una bella email con un elenco di foto, un montaggio video o qualcosa di simile che faccia rivivere i momenti più importanti della stagione. Potresti includere foto di gare, eventi speciali, progressi degli atleti, momenti divertenti in palestra. Questo creerà un senso di comunità e appartenenza.

  2. Quando una persona non è più tuo cliente: invia un messaggio di “arrivederci” con un piccolo video, magari sempre lo stesso, in cui io e gli altri istruttori salutiamo e ringraziamo. Potresti aggiungere una frase come “La tua postazione ti aspetta” o “Saremo qui quando vorrai tornare”, creando un ponte per un futuro ritorno.


Pensa che ricordo creerai nella mente della persona e quanto sarà più facile riattivare un cliente che ha conservato un bel ricordo di te (a meno che, ovviamente, non abbia avuto esperienze negative).

Nel mio dojo, quando un cliente lascia, gli inviamo sempre un messaggio personalizzato e, se è stato con noi per molto tempo, anche un piccolo regalo fisico come ricordo. Molti di loro tornano dopo mesi o anni, dicendomi che hanno conservato quel ricordo e che gli ha fatto venire voglia di riprendere.

Il valore di queste strategie è altissimo e sono relativamente semplici da implementare. Non richiedono grandi budget, ma solo un po’ di creatività e attenzione ai dettagli. Prova a inserirle nella tua strategia di marketing e vedrai che differenza faranno nella percezione del tuo brand e nella fidelizzazione dei clienti.

I fallimenti nello storytelling Disney

Perché? Beh perché molto di quello che ho vissuto da bambino in quel parco è molto legato al tipo di marketing, al tipo di comunicazione che la Disney fatto e che sempre continuato a portare avanti e al modo in cui gestito il marketing e la comunicazione all’interno del parco e prima che uno arrivasse al parco.

Lo storytelling per Disneyland è sempre stato un fiore all’occhiello. Nel parco tutto era storytelling e infatti nelle vecchie attrazioni puoi ancora notare questa tensione costante verso la narrazione. L’idea era quella di far immergere l’ospite (che viene sempre chiamato ospite, mai cliente) in questo mondo e non farlo uscire. Doveva vivere questa illusione, questa magia finché non sarebbe uscito dal parco.

L’eccellenza dello storytelling storico

L’ospite nel parco passa da aree diverse in maniera molto armoniosa, ma non deve mai esserci qualcosa che gli fa notare che è tutto finto. Disney curava in maniera maniacale la scenografia delle attrazioni. Dovevi essere proprio bravo per vedere i cavi, le luci, le impalcature o cose di questo tipo.

Ti faccio due esempi: nell’attrazione dei Pirati dei Caraibi, quella che ha ispirato il film, il cartello dove si avvisano le persone che potrebbero bagnarsi (perché è una Dark Raid sull’acqua) dice qualcosa tipo: “Yo ho, questa è un’avventura pirata, avviene sull’acqua e potreste bagnarvi. Fate attenzione giovani avventurieri!”

L’ho fotografato e la gente non capiva perché lo facessi. Erano tutti lì che mi guardavano mentre io pensavo: “Che idea geniale!” Non ti dicono semplicemente: “Fate attenzione, l’attrazione si svolge sull’acqua, potreste bagnarvi.” No, rimangono nel personaggio, rimangono nello storytelling.

Altro esempio: quando a Phantom Manor (la casa degli spiriti) l’attrazione si ferma, la voce che ti invita a rimanere seduto non ti dice: “Attenzione, abbiamo avuto un problema tecnico, vi preghiamo di rimanere seduti, ripartiremo appena possibile.” No, ti dice: “Attenzione, qualche spirito dispettoso ha fatto in modo di fermare la vostra corsa, appena riusciremo a cacciarlo riprenderete il vostro viaggio”. E anche quando riparte: “Buone notizie: gli spiriti hanno deciso di farvi continuare il vostro viaggio.”

Eri sempre immerso in questo ambiente. Lo storytelling era veramente qualcosa di importante.

Cos’è lo storytelling?

Lo storytelling in realtà non è nient’altro che la coerenza tra il mondo che cerchiamo di creare e quello che viene visto poi dall’utente. Se voglio creare un’attrazione dei pirati e creo elementi che cozzano con questa attrazione, che riportano la persona fuori da questa esperienza, lo storytelling perde efficacia.

Stessa cosa per un’attrazione come una casa degli spiriti. Stessa cosa per una palestra dove magari l’obiettivo è quello di spingere sul benessere, sulla pulizia, sull’ordine, e poi metti i cartelli di carta con lo scotch. Rompi la coerenza narrativa.

Lo storytelling permette di creare queste bolle dove l’esperienza è immersiva.

Altri esempi di eccellente storytelling passato

Quando ero bambino, andavamo a mangiare nel ristorante La Laguna Blu, quello dentro l’attrazione dei pirati. Ai bambini veniva dato il foglio con la caccia al tesoro da disegnare con i pastelli. Ti davano anche un piccolo kit con i pastelli con Topolino. C’erano i camerieri vestiti in stile caraibico, quindi non erano vestiti da pirati ma avevano le camicie hawaiane.

Quando trovavi il tesoro, se eri bravo con la cartina, arrivava un cameriere e ti portava i dobloni d’oro (che erano di cioccolato, ovviamente). Io mi ricordo questa scena in cui questo ragazzo arriva carico di dobloni d’oro e inizia a lanciarli addosso a me, me li mette nel marsupio, dentro la maglietta. Mi aveva fatto ridere un sacco.

Questo è storytelling: continuare a mantenere la persona all’interno di questo racconto, creandogli tra l’altro un ricordo indelebile, perché io avrò avuto sette anni.

Un altro esempio di storytelling è il fatto che il personale fosse molto disponibile, molto giocoso, molto disposto a interagire con gli ospiti, a fare le gag, a fare i simpatici. Certo, ognuno può avere i suoi cinque minuti. La giornata può essere pesante per tutti, ma questi erano piccoli escamotage che creavano una continuità narrativa e facevano sì che ti sembrasse sempre di essere in un altrove.

Space Mountain è un altro esempio fantastico. È un’attrazione a cui sono davvero molto legato. Era basata sull’idea di creare una montagna russa che raccontasse il libro di Giulio Verne “Dalla Terra alla Luna”, e tutta la struttura era fatta in stile ottocentesco, un po’ steampunk.

Anche la scenografia interna era tutta fatta così. All’interno dell’attrazione, durante la corsa, giravi in una scenografia che ripercorreva le tappe del libro. Ti sembrava di volare nello spazio, arrivavi fino alla luna disegnata tipo quella di Méliès. Era veramente una cosa splendida, così come il cibo, che era tutto inerente a quello che stavi vivendo.

Il deterioramento dello storytelling attuale

Oggi tutte queste cose sono sparite, completamente sparite. Il personale non è più così giocoso, non interagisce più così volentieri con le persone, anzi molto spesso è piuttosto scazzato.

Il cibo cozza con le esperienze che vengono proposte. Non solo il cibo: i servizi cozzano con le esperienze che vengono disegnate. Hanno creato una grandissima app, una grandissima aspettativa, ma poi quando vai al parco, se l’hai vissuto negli anni precedenti, non ritrovi più la stessa qualità e la stessa cura degli anni passati.

Space Mountain è l’esempio perfetto di questo deterioramento. Lo storytelling è completamente dissonante perché hanno impiantato su quell’attrazione, che era molto particolare, una scenografia di Guerre Stellari. Quindi entri in un ambiente steampunk ottocentesco e ti ritrovi dentro Guerre Stellari. Questo crea attrito, crea disincronia, rompe completamente l’immersione.

Tutto alla fine ti fa sembrare che il parco oggi è strutturato perché tu sia non più un ospite ma un cliente da spremere, perché tutto è diventato a pagamento, qualunque cosa, anche le foto con i personaggi.

L’esperienza narrativa viene continuamente messa in bilico perché non c’è più continuità rispetto a quello che vedi in giro. Il parco stesso, purtroppo, soprattutto il Disney Park (non tanto gli Studios, ma il Disneyland Park) è veramente lasciato all’incuria. Trovi spesso attrazioni che funzionano male, attrazioni che sarebbero da ristrutturare, con strutture esterne rovinate, mal mantenute.

Il corto circuito tra aspettative e realtà

A questo punto non c’è più coerenza narrativa, si rompe lo storytelling e si crea un corto circuito. Perché nel momento in cui crei così tanta hype, così tanta aspettativa, e crei tutta questa magia, questa esperienza di sogno, e poi quando arrivo non trovo quello che mi hai raccontato, si crea un corto circuito. Questo crea grandi attriti e delusione.

Come questo si applica alle palestre

Vedo le stesse dinamiche in molte palestre. Palestre che spingono sulla qualità del servizio, su quanto viene tutto curato, quanto viene tutto tenuto bene. Poi ci entri e gli istruttori a malapena ti salutano, il tizio al desk è scazzato, la palestra è sporca, l’attrezzatura arrugginita.

Se prometti certe cose, devi mantenere la promessa, soprattutto nei confronti di quelle persone che quella promessa l’hanno già vissuta. Perché probabilmente se per me fosse stata la prima volta a Disney, forse non avrei notato tutte queste discrepanze, ma avendola vissuta in passato, la differenza è stata evidente e deludente.

Lo stesso vale per il tuo centro sportivo: se prometti un’esperienza premium, devi mantenerla in ogni dettaglio. Se crei aspettative attraverso il tuo marketing, devi essere sicuro di poterle soddisfare. Altrimenti, proprio come Disney sta facendo con me, rischi di perdere i tuoi clienti più affezionati, quelli che hanno creduto nelle tue promesse e si sono fidati di te.

Il problema del servizio “da plus a minus” e conclusione

E poi c’è la grandissima, e questo è percepibile probabilmente solo da chi vissuto il parco antecedentemente, c’è la sensazione che da un servizio plus si passi a un servizio minus cioè una volta tu pagavi tanto perché comunque Disney sempre costato tanto ma avevi tanto.

Se hai visitato Disneyland in passato come me, noterai subito un grande problema: il passaggio da un servizio “plus” a un servizio “minus”. Cosa significa? Prima pagavi tanto, certo, perché Disney è sempre costato tanto, ma ricevevi tanto in cambio.

Gli spettacoli erano accessibili senza pagare extra. Le attrazioni potevi farle senza bisogno di comprare il salta-coda. Anzi, una volta i salta-coda erano addirittura gratuiti, inclusi nel prezzo del biglietto!

Il cibo era di alta qualità, soprattutto se pagavi di più. Oggi questa qualità è sparita. Nella colazione di una volta trovavo le brioche a forma di Topolino e tante piccole attenzioni che mi facevano sentire in un posto magico. Oggi trovi brioche normali, uova liofilizzate di pessima qualità, pane scadente… insomma, prodotti che non rispecchiano più quel livello di eccellenza.

Chi ha vissuto il parco in passato oggi si sente quasi preso in giro. Mi sono trovato a pensare: “Prima ero un cliente premium, ora sono trattato come un cliente di serie B solo perché non voglio pagare tutti gli extra che mi chiedono”.

L’impatto sulla fedeltà dei clienti

Questo deterioramento dell’esperienza ha avuto un impatto enorme sulla mia fedeltà al brand. Sia io che mia moglie, entrambi grandi fan del parco, abbiamo più volte dubitato se valesse la pena tornarci.

Ci torneremo? Sì, ma non nella forma in cui ci siamo tornati questa volta. Non vale più la pena pagare così tanto per l’hotel. Non vale più la pena pagare così tanto per i pasti. Con un po’ di intelligenza e strategia, conoscendo bene il parco, puoi risparmiare molti soldi e vivere comunque un’esperienza splendida.

E questo è un insegnamento prezioso anche per te che gestisci un’attività sportiva: se inizi a tagliare sulla qualità mantenendo o aumentando i prezzi, i tuoi clienti storici lo noteranno e si sentiranno traditi.

Riepilogo delle strategie da copiare

Dopo questa lunga analisi, ecco cosa puoi “rubare” dalla strategia Disney per la tua attività sportiva:

  1. Creare valore nella percezione dei pacchetti – Fai percepire al tuo cliente che sta ottenendo molto più di quanto paga. Non gonfiare i prezzi artificialmente, ma crea davvero valore aggiunto.
  2. Creare sequenze di benvenuto efficaci – Per i nuovi clienti o di “bentornato” a inizio stagione, dove spieghi le cose importanti e crei aspettativa positiva.
  3. Spingere la generazione di contenuti – Incoraggia i tuoi clienti a creare contenuti online per te, sfruttando i social. Questo crea appartenenza e comunità.
  4. Fornire elementi fisici come ricordo – Da’ qualcosa di tangibile alle persone. Una tessera, un braccialetto, una maglietta – oggetti che tengono sempre a portata di mano e che li fanno sentire parte di qualcosa.
  5. Proporre add-on in modo strategico – Fallo in un momento in cui il cliente non sta già spendendo soldi, dando grande valore a questi servizi aggiuntivi. Non farlo sentire “spremuto”.
  6. Creare ricordi duraturi – Se riesci a creare ricordi significativi per i tuoi clienti, hai vinto. Le persone torneranno da te per rivivere quelle emozioni.

Gli errori da evitare assolutamente

Ci sono però tre errori che devi evitare a tutti i costi:

  1. Tradire lo storytelling – Se racconti una cosa, dei principi, dei valori, devi essere coerente con quello che racconti. Se prometti un’esperienza premium, deve essere davvero premium. Altrimenti si crea un corto circuito e l’esperienza diventa molto sgradevole.
  2. Far passare i clienti da “plus” a “minus” – Se hai sempre offerto certi servizi, non puoi toglierli dall’oggi al domani senza una valida motivazione (e “voglio guadagnare di più” non è una motivazione valida per il cliente). Se devi ridurre un servizio, compensa con qualcos’altro.
  3. Far sentire il cliente un portafoglio da spremere – È una sensazione terribile che si percepisce subito e che allontana le persone. Il cliente deve sentirsi valorizzato, non un bancomat.

Conclusione e invito all’azione

Queste sono le strategie che puoi “scopiazzare” e gli errori che devi assolutamente evitare dall’esperienza Disney. Prenditi un momento per riflettere: nella tua attività sportiva stai creando un’esperienza “plus” o stai scivolando verso un servizio “minus”?

Per qualunque cosa – domande, dubbi, perplessità, crisi mistiche – sono qui a tua disposizione, scrivimi pure a eugenio@eugeniocredidio.it


“Vendere lo Sport” è un podcast originale che ho ideato e prodotto senza l’uso di intelligenza artificiale.

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Eugenio Credidio

Eugenio Credidio è il consulente di marketing e comunicazione specializzato nel settore sportivo e fitness. Con oltre 15 anni di esperienza, maturata sul campo gestendo con successo la propria società sportiva ad Alessandria, Eugenio aiuta i professionisti dello sport e del fitness con un cuore a comunicare efficacemente, posizionandosi come leader nel loro settore.