L’altro giorno ero al supermercato, stavo curiosando fra le varie fra i vari prodotti delle corsie e a un certo punto si para davanti a me un espositore grande, grandissimo, immenso, con colori super sgargianti, una grafica iper professionale e scritto grosso come una casa pro.
L’altro giorno ero al supermercato. Stavo solo curiosando tra i vari prodotti sugli scaffali quando mi sono trovato davanti un espositore enorme. Era coloratissimo, con una grafica super professionale e la parola “PRO” scritta a caratteri cubitali.
Sai come funziona, no? Quando vedi scritto “PRO” la tua attenzione viene subito catturata. Quella piccola parola evoca qualcosa di professionale, qualcosa che va oltre il prodotto base. È una di quelle parole magiche che ti attira subito, che tu lo voglia o no.
Incuriosito, mi sono avvicinato per vedere di cosa si trattasse. E indovina? Acqua proteica! Sì, hai capito bene. Siamo arrivati al punto di mettere le proteine persino nell’acqua.
Secondo il marketing, quest’acqua miracolosa dovrebbe farci stare meglio, essere più in salute, più belli, più forti e avere muscoli più tonici. Tutto questo perché… contiene proteine! Come se avessimo fatto una scoperta rivoluzionaria: mettere le proteine nell’acqua.
L’ossessione per le proteine
Questo è solo l’ultimo esempio di una tendenza che ormai vediamo ovunque. Le proteine sono diventate l’ingrediente magico del momento. Ci sono yogurt proteici, gelati proteici, pasta proteica e ora anche l’acqua proteica.
A questo punto, non mi stupirei di vedere presto videogiochi proteici o telefonini proteici. L’importante sembra essere avere una spolverata di proteine e, magicamente, il prodotto diventa salutare e benefico.
Questo fenomeno è un caso perfetto di marketing che, secondo me, non è molto etico ma è certamente molto intelligente. Si basa su un principio che Seth Godin ha spiegato bene: con il marketing raccontiamo storie alle persone. Storie a cui le persone credono e che le convincono di certe cose.
Le proteine sono l’esempio lampante di questo meccanismo. Ormai qualunque cosa contenga proteine viene automaticamente percepita come un prodotto salutare. Non importa cosa sia – può essere qualsiasi cosa – basta che abbia un po’ di proteine e improvvisamente diventa qualcosa che “ci fa stare bene”.
La storia del marketing delle proteine
Ho fatto un po’ di ricerca per capire come è nata questa ossessione per le proteine. Chi ha avuto per primo l’idea? Quando è iniziato tutto questo? Ho raccolto alcune informazioni interessanti che voglio condividere con te.
Beh, intanto nel 1904, questa è una cosa curiosa, non so se la sapevate, eh il primo alimento proteico fu ideato da Plasmon, fu un flop stratosferico
I primi tentativi: Plasmon e il flop del 1904
Sembra incredibile, ma già nel 1904 qualcuno ci aveva provato! Il primo alimento proteico fu ideato da Plasmon. Fu un vero disastro commerciale. Nessuno lo calcolò minimamente. L’idea era troppo avanti per i tempi e il prodotto cadde nel dimenticatoio.
Dopo questo tentativo fallito, per molti anni non successe praticamente nulla nel mondo degli alimenti proteici. La gente mangiava normalmente, senza preoccuparsi troppo delle proteine nei cibi.
Gli anni ’70: bodybuilding e diete proteiche
Bisogna aspettare fino agli anni ’70 per vedere un nuovo interesse verso le proteine. In particolare, tra il 1970 e il 1972, il bodybuilding iniziava a diffondersi e a creare una nuova cultura dell’allenamento fisico.
Nel 1972, il dottor Atkins e il dottor Tarnower lanciarono la famosa dieta Scarsdale. La conosco benissimo perché mio padre la seguì per anni cercando di perdere peso. Ci riuscì per un po’, poi ebbe delle difficoltà. Mia madre la conosce ancora a memoria!
La Scarsdale era una dieta iperproteica che per me è ancora oggi sinonimo di “dieta”. Da questi primi approcci nacquero i primi studi seri sulle proteine e sui loro effetti sul corpo umano.
L’arrivo in Italia: Enervit negli anni ’70
In Italia, i primi a lavorare sul tema delle proteine furono quelli di Enervit, sempre negli anni ’70. Iniziarono con la nutrizione sportiva e gli integratori per atleti, collaborando anche con campioni olimpici.
Enervit fu pioniera nel portare il concetto di integrazione proteica nel nostro paese, focalizzandosi soprattutto sugli sportivi professionisti.
Il boom: dal 2010 al 2019
Il boom dal 2010 al 2019, che vede appunto le proteine come protagonista assoluto dell’alimentazione per il benessere.
La vera rivoluzione è arrivata però molto più tardi, nel periodo tra il 2010 e il 2019. In questi anni le proteine sono diventate le protagoniste assolute dell’alimentazione per il benessere, non più solo per gli sportivi.
In particolare, le proteine del siero del latte (Whey) hanno visto raddoppiare le loro vendite. Secondo le previsioni, il loro valore di mercato triplicherà entro il 2027. Se vuoi fare soldi senza troppa fatica, forse dovresti investire in proteine!
Il ruolo del marketing
Come è avvenuta questa grande trasformazione? Ovviamente attraverso il marketing. Le aziende hanno capito il potenziale commerciale delle proteine e hanno iniziato a promuoverle in modo massiccio.
Gli integratori proteici sono passati dall’essere prodotti di nicchia per bodybuilder a elementi essenziali per chiunque voglia mantenersi in forma. Le aziende hanno saputo sfruttare il desiderio delle persone di sentirsi in salute e di avere un fisico tonico.
Gli influencer hanno giocato un ruolo fondamentale in questa trasformazione, mostrando sui social media i loro fisici scolpiti e attribuendo i risultati all’uso di prodotti proteici.
E così siamo arrivati all’acqua proteica di oggi, l’ultimo passo di un percorso di marketing che ha trasformato le proteine da semplice nutriente a vero e proprio simbolo di benessere e salute.
Come il marketing trasforma la percezione
Ovviamente tutto questo è avvenuto attraverso il marketing. A un certo punto le aziende hanno visto un’opportunità, probabilmente in concomitanza con l’emergere di metodologie di allenamento in cui i trainer e le palestre spingevano molto sulla vendita delle proteine come alimento fondamentale per l’aumento della massa muscolare.
Non è facile creare una linea temporale precisa di come sia successo, ma probabilmente una serie di congiunzioni astrali si sono unite. A quel punto, le aziende che producevano proteine hanno iniziato a spingere come delle disperate. Gli influencer hanno fatto la loro parte e continuano ancora oggi a promuovere alimenti proteici, ripetendo il mantra “se ha le proteine è meglio”.
Anche le palestre hanno seguito questa tendenza, perché potevano fare upsell e vendere altri prodotti ai loro clienti. E così, zitti zitti, le proteine sono diventate un alimento assolutamente fondamentale per il benessere della persona.
E questa storia è stata mh ripetuta così tante volte, è stata veicolata così tante volte che ormai è data per vera.
Da integratore sportivo a simbolo di salute
Il processo di trasformazione è stato graduale ma efficace. Il primo step è stato convincere le persone che le proteine erano utili per rendere più efficace l’allenamento. Lo step successivo, molto più ambizioso, è stato trasformare le proteine in sinonimo di salute, sostenendo che mediamente ne consumiamo troppo poche.
Su questo concetto le aziende e tutto il loro ecosistema hanno lavorato tantissimo a livello comunicativo: dalle pubblicità agli articoli, dai blog post ai video degli influencer, dai content creator alle celebrità di YouTube che lanciano la loro linea proteica.
L’oggetto magico
Il marketing ha trasformato le proteine in un vero e proprio “oggetto magico”. Se pensi a come funziona una buona storia, c’è sempre un oggetto magico che aiuta l’eroe a superare le difficoltà. Nel nostro caso, le proteine sono diventate quell’elemento che, secondo il marketing, ti permette di ottenere risultati migliori, di essere più in salute, di avere un corpo più tonico.
È un principio che Seth Godin ha spiegato bene: i marketer raccontano storie alle persone. Storie a cui le persone credono e che le convincono di certe cose. Le proteine sono l’esempio perfetto di questo meccanismo.
Una storia ripetuta diventa verità
La ripetizione è stata fondamentale in questo processo. Questa storia è stata ripetuta così tante volte, veicolata attraverso così tanti canali, che ormai è data per vera. Se domani uscisse uno studio scientifico che dimostrasse che la supplementazione proteica è inutile ai fini della salute, probabilmente nessuno ci crederebbe.
Il messaggio è stato martellante e coerente: le proteine fanno bene, le proteine sono necessarie, le proteine migliorano le prestazioni. E questo ha portato a situazioni paradossali.
Quando il marketing va oltre
Siamo arrivati al punto che ragazzi che fanno karate due volte alla settimana, senza fare nient’altro, si preoccupano di assumere integratori proteici. Ma che bisogno c’è? Eppure gli influencer continuano a ripetere: “Allenatevi e prendete le proteine perché così diventate grossi, l’allenamento funziona meglio”.
Tutto questo ha trasformato le proteine in un oggetto magico che prima permetteva all’allenamento di dare migliori risultati, e poi ha fatto sì che diventassero l’alimento della salute per eccellenza.
Il principio del marketing efficace
Il principio è che il marketing è la nostra arma più potente per far cambiare idea alle persone, per modificare la percezione che hanno di qualcosa. E questo vale non solo per le proteine, ma per qualsiasi prodotto o servizio.
Pensa a come il CrossFit è passato dall’essere un metodo di allenamento di nicchia a uno stile di vita, o a come il Krav Maga si è trasformato da semplice sistema di autodifesa a disciplina trendy. È sempre lo stesso meccanismo: raccontare una storia convincente e ripeterla finché non diventa “verità” nella mente delle persone.
Questo non significa che le proteine non siano importanti o che non ci siano benefici nell’assumerle in determinate situazioni. Il problema nasce quando si esagera, quando si crea un’ossessione, quando si vendono prodotti proteici a persone che non ne hanno alcun bisogno reale.
In fondo, nella maggior parte dei casi, si possono ottenere gli stessi identici risultati con una buona alimentazione sana e ben curata, senza bisogno di introiettare surplus proteici. Senza considerare poi che molto spesso gli integratori proteici sono comunque alimenti processati che derivano da grandi lavorazioni industriali, per cui potremmo anche farci un paio di domande in merito.
Ma questa è un’altra storia, che forse racconteremo un’altra volta.
Lezioni di marketing etico
Il principio di cui parla Seth Godin nel suo libro “I marketer raccontano storie” è fondamentale: il marketing è la nostra arma più potente per far cambiare idea alle persone e modificare la percezione che hanno di qualcosa.
Marketing, detto in parole semplici, è cambiare come le persone vedono ciò che vendiamo e convincerle di qualcosa. Lo ha fatto il CrossFit, facendo credere a tante persone che se vuoi allenarti sul serio devi fare quella disciplina. Lo ha fatto il Krav Maga con la difesa personale. E ci sono tanti altri esempi.
Raccontare una storia autentica
La prima cosa che dobbiamo fare è raccontare una storia. Ma quale? Una storia che sia in linea con noi stessi, con i nostri principi, una storia in cui noi per primi crediamo.
Io, per esempio, potrei raccontarvi che lavorare sulla comunicazione vi cambierà la vita, sia nel lavoro che nel privato. Oppure potrei dirvi che creare contenuti dà indipendenza. Questo è sempre stato il mio piccolo motto nel sito.
Ognuno di voi deve trovare la sua storia, quella della sua realtà e dei suoi metodi. Non è facile, soprattutto se partite da zero. Ci vuole tempo e pazienza.
Quando ho iniziato con il karate tradizionale ad Alessandria, o con il mio metodo di difesa personale Urban Budo, ho dovuto partire da zero. È più difficile, ma si può fare.
Trovare la propria storia distintiva
Che storia raccontare? Sta a voi deciderlo. Più siete specializzati, più è facile creare una storia efficace. Più siete generalisti, più è difficile.
Se siete generalisti, vi suggerisco di raccontare una storia sulla vostra realtà, non sui singoli servizi. Altrimenti dovreste raccontare una storia per ogni servizio, cosa che si può fare ma richiede più persone che lavorano con voi.
Se raccontiamo una storia sulla nostra realtà, il gioco diventa molto più semplice.
Il principio della ridondanza
Una volta trovata la storia, bisogna lavorare sul principio della ridondanza. La storia va ripetuta, ripetuta e ancora ripetuta finché alle persone non “sanguineranno le orecchie”.
Solo a quel punto la gente inizierà a crederci davvero. Avrete molte più possibilità che il vostro marketing diventi efficace.
Un sistema di marketing completo
Ma attenzione: la storia da sola non basta. Deve esserci anche un sistema di marketing che sostiene tutto quanto.
Se non strutturate un sistema completo che sostiene ciò che fate, per quanto siate bravi a raccontare storie e convincere le persone, poi le persone non troveranno coerenza tra la narrazione e ciò che vendete.
Serve un sistema di raccolta di contatti, di conversione clienti, di mantenimento del cliente, di gestione degli ex clienti e tutto il resto.
L’etica nel marketing
Mi raccomando, questa è una cosa che io vi chiedo da dal cuore, siate onesti. Siate onesti perché il marketing è davvero un’arma molto potente.
Il marketing è potentissimo, soprattutto se avete budget. Con il marketing potete cambiare un sacco di cose.
Il marketing è proprio come un coltello. Ci possiamo spalmare il burro o ci possiamo uccidere le persone e quindi cercate di fare la scelta giusta, eticamente giusta.
Dobbiamo usarlo bene. Non vendete alle persone servizi sciocchi, inefficaci o inutili. Non convincetele di falsità o mezze verità.
Siate sinceri, onesti ed etici. Vedrete che riuscirete, magari con tempi un po’ più lunghi, ma otterrete ottimi risultati.
La fine di “Vendere lo Sport”
Vendere lo sport finisce qui. Questa era l’ultima puntata, almeno in questo formato, perché ho bisogno di fermarmi un attimo per fare chiarezza.
Ho iniziato a fare il consulente di marketing per lo sport dopo aver lavorato con Alessio Beltrami. Mi sono appassionato a questo mestiere grazie al lavoro fatto insieme a lui. Ma doveva essere un “di più”. La mia attività principale è il mio dojo, dove ho dedicato 15 anni di patimenti, lacrime, sudore e sangue. È lì che mi prendo cura dei miei allievi.
E invece in poco tempo ho trasformato quello che doveva essere un “in più” in un vero e proprio core business, e non era quello che volevo fare. Mi ci sono trovato come se mi fossi svegliato da un bel sogno. In questi ultimi mesi mi sono reso conto che le cose non dovevano andare così.
Ci tengo molto al mio lavoro da consulente perché mi permette di aiutare le persone, ma tra il dojo e la mia collaborazione con Power Up il tempo è molto poco e posso dedicarlo solo a poche persone e a certi progetti. Questo, unito a un progetto ambizioso come un format ad libitum, rende tutto complicato. Anche perché, oltre a questo progetto comunicativo ne porto avanti altri 2 in contemporanea.
Portare avanti tre progetti insieme è in pieno stile Eugenio, ma oggettivamente è poco sostenibile.
Comunicare mi permette di capire meglio me stesso, cosa voglio fare, qual è il mio scopo lavorativo, quella cosa che mi appassiona e mi fa dire “vado avanti in questo progetto e non mi pesa”. Questo progetto mi è servito tantissimo, mi ha permesso di capire che voglio lavorare nell’ambito della comunicazione, ma non così.
Su cosa vorrei lavorare?
Intanto su un marketing etico. Oggi il marketing può essere un’arma potentissima ma devastante se ignora l’etica, e la vedo tanto sui social, in tantissimi aspetti. Con l’intelligenza artificiale questo sta aumentando. Voglio condividere con voi la mia idea di marketing etico e di come sfruttarlo per migliorare la vita delle persone.
Sono bravo nel creare piccoli sistemi di marketing per realtà simili alla mia o per piccole/medie imprese. E sono bravo nell’aiutare le persone a migliorare la propria comunicazione.
Queste sono le cose su cui vorrei lavorare.
Mi prenderò del tempo per pensare, ragionare e capire che tipo di progetto posso portare avanti in modo sostenibile.
Credo che ritornerò sui miei passi quando, per scherzare, avevo lanciato il “dojo della comunicazione“.
Dojo è un termine che mi piace tanto perché significa “luogo per la ricerca della via”. La comunicazione è una via, un modo per comprendere meglio noi stessi, gli altri e far comprendere la nostra realtà.
Quello che porto con me da questa esperienza non è un fallimento, ma una lezione preziosa: ho capito meglio chi sono e cosa voglio davvero fare.
Il “dojo della comunicazione” non è solo un nome carino. È la sintesi di tutto quello che ho imparato: un luogo dove la tecnica si incontra con l’etica, dove il marketing diventa strumento di crescita autentica, non di manipolazione. Un posto dove posso aiutare persone come me a comunicare con onestà ed efficacia.
Questa pausa non è una fuga, è una scelta strategica. Come nel dojo, prima di insegnare una tecnica devi padroneggiarla completamente. Prima di lanciare un nuovo progetto, devo costruire le fondamenta giuste.
Vi ringrazio per avermi seguito in questo percorso. È stato più di un podcast: è stato un laboratorio di idee, un confronto continuo che mi ha aiutato a crescere.
È un arrivederci, non un addio.
Se questo viaggio vi ha dato anche solo uno spunto di riflessione, se vi ha fatto vedere il marketing sportivo da una prospettiva diversa, allora ne è valsa la pena.
Iscrivetevi alla newsletter: quando il “dojo della comunicazione” sarà pronto, sarete i primi a saperlo. E nel frattempo, se avete domande, riflessioni o semplicemente volete scambiare quattro chiacchiere, le mie email sono sempre aperte.
Un abbraccio e buona estate.
Alla prossima – in una forma nuova, più autentica, più sostenibile.
Eugenio